lunedì 2 luglio 2007

Un anno fa



L'anno scorso, di questi giorni, stavo ultimando i preparativi. Di lì a pochi giorni sarei partito. Emigrato. Avevo fatto il grande passo: avevo accettato una proposta di lavoro da una società estera. A Roma le cose non andavano bene: presto avrei dovuto lasciare la casa in cui abitavo e in cui mi ero trovato bene fino a quel momento, e cercarmi un altro posto dove vivere. Una stanza, verosimilmente, una stanza in un appartamento con altre persone che non conoscevo. Al lavoro mi trovavo male, e con lo stipendio che mi davano non mi sarei potuto permettere di vivere da solo a Roma in affitto, figuriamoci comprare un appartamento. Non ero più disposto a fare quella vita e così avevo accettato la proposta di lavoro all'estero. Alcuni dei miei amici la presero male. Improvvisamente sembrava che si fossero affezionati a me al punto da non volere che andassi via, in alcun modo. Ricordo che in quei giorni stavo leggendo Il Profeta, di Gibran, dove a un certo punto il profeta deve lasciare la sua gente e questi, tra le lacrime, lo pregano di restare. Il profeta allora dice che è proprio al momeno del distacco che l'amore manifesta tutta la sua profondità. Quando quegli amici mi pregavano di ripensarci, di restare, che una soluzione la si trovava, una casa, un lavoro nuovo, tutto quanto, mi sembrava di essere nella stessa situazione del profeta. Uno di questi amici arrivò un giorno a offrirmi la sua casa a Bracciano, mi disse: Prendila, è tua, se non parti puoi andare lì. Probabilmente non diceva sul serio, ma seria o meno che fosse la proposta mi sorpresi a pensare a quale poteva essere il mio futuro a Bracciano. Mi immaginavo vivere vicino al lago, mangiare pesce alla griglia il giorno e la sera, al tramonto, uscire sul lago con la mia barca a remi. Proprio come nella foto.

Nessun commento: